Per la gioia dell’amore

Per la gioia dell’amore

La nostra meditazione, molto breve, sulla quale poi ciascuno rifletterà, riguarda l’Amore misericordioso; parola che può sembrare un po’ strana perché questo titolo ripete due volte il medesimo concetto. Gesù aveva detto sul monte delle Beatitudini: «beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia».

Analizziamolo prima di tutto dal punto di vista linguistico, il significato della parola «misericordia». Di per sé vorrebbe dire: «un cuore che si fa misero» cioè, che raccoglie dentro di sé la miseria, il dolore degli altri, di modo che trasformando dentro di sé il dolore altrui, diventando dolore a lui, si dona completamente al dolore degli altri.

Ora Gesù, proprio per sua natura, per il fatto stesso dell’Incarnazione, è la «misericordia», la misericordia di Dio; perché non c’è nulla di più grande, di più infinito, di più illimitato, di più totale che questo dono che ha fatto all’uomo dando se stesso.

L’Incarnazione è la misericordia per eccellenza. Colui che è il Creatore, l’Infinito, l’Eterno, assume l’umana natura e si fa uomo; diventa, cioè, misero, il più misero di tutti gli esseri, perché diventa peccatore. Non è possibile concepire misericordia più grande di questa. E’ una misericordia, potremmo dire, sostanziale. Non è il fatto di misericordia, cioè l’aver compassione degli altri ma «essere compassione», diventare miseria degli altri.

Ecco quindi come tutto questo è straordinariamente commovente per noi.

Gesù che si fa uomo; Gesù che si fa peccatore, Gesù che si fa colpevole; Gesù che si fa reo; Gesù che si fa morto, cioè ucciso per le nostre colpe, perché Lui ha fatto sue le nostre colpe.

«Non sono uomo, ma sono reo. Ti ho visto, o Figlio di Dio, disprezzato dagli uomini, deplorato da tutti. Daranno schiaffi sul tuo volto e lo cospargeranno di sputi; copriranno la tua testa di spine … » così diceva tanti secoli prima il profeta Isaia, vedendo il Redentore ridotto allo stato del più abominevole degli uomini carichi di colpa.

Poi questa «misericordia» viene definita «amore». Amore misericordioso.

L’amore è il dono totale di Dio a se stesso nel mistero della Trinità. L’amore è ciò che domina il mondo; ciò che ha creato il cielo e la terra; l’amore è ciò che fa sorgere la felicità ad ogni angolo dell’universo; l’amore è il fine di tutte le cose.

La fede un giorno sarà illuminata; siccome vedremo, non ci sarà più ombra.

La speranza un giorno avrà compiuto la sua conquista ed, una volta compiuta, non ci sarà più.

La carità che è invece in tutte le cose, rimarrà la fiamma eterna che consuma nella gioia senza mai distruggere tutto ciò che a lei si dona e tutto ciò che lei afferra.

Gesù è Amore. E’ l’amore del mondo, l’amore dell’universo.

Quindi dire «Amore misericordioso» è far vedere che questa miseria che egli ha prodotto nel suo stesso cuore sembra fatta non per l’umiliazione in sé, non per il dolore in sé, non per la sofferenza in sé, ma per la gioia dell’amore.

Ricordiamo che la nostra fede non è una fede di malinconia. Spesso noi crediamo che la santità coincida con la tristezza, con la rinunzia, con il patimento, con tante muraglie che si vogliono mettere. No, no!

l cristianesimo e la fede sono il segno della libertà …

Direi, in un certo senso, che il cristiano si può permettere di scherzare con l’universo perché riposa nelle braccia di Dio come un bambino. Coloro che non riposano nelle braccia di Dio hanno paura di tutto.

Gesù è venuto a portare la libertà, quella vera, quella sostanziale, quella libertà così grande che è incapace di non essere libera ed è incapace quindi di fare il peccato; di una evidenza connaturale con la bellezza, con la bontà, con l’amore, con la gioia, con la semplicità di cui parla Francesco d’Assisi, insieme alla poesia di tutti i nostri santi.

Quindi questo Amore è quello che dà la libertà all’uomo sereno, abbandonato, umile; per cui si crede molto di più nella misericordia di Dio che non nella nostra perfezione. Ecco l’Amore misericordioso!

Ma cerchiamo questo amore negli ambienti nostri, in quelli che si chiamano per definizione «di azione cattolica»: ambienti di vita cristiana in cui ognuno si sente così sicuro di andarsene in paradiso, che qualche volta manifesta una malcelata superiorità verso la povera gente, i peccatori del mondo. Eppure siamo tanto miseri noi!

Attenti, cari amici, cari fratelli! Tante volte in questo nostro atteggiamento, in questa nostra convinzione tanto bella, tanto logica, si insinua un serpentello di cui non ci accorgiamo: cioè che in un certo momento noi abbiamo più fiducia nella nostra perfezione, nella nostra impeccabilità che non nella misericordia di Dio. Tante volte il trincerarsi con tante norme, ricorrenze, regole e regolette ecc …. vuol dire che anche noi siamo convinti che in paradiso ci andremo perché siamo stati attenti, non che in paradiso ci andremo nonostante la nostra miseria e per la sola, infinita misericordia di Dio.

E questo fa si che tante volte il nostro mondo cattolico si riempia di paure, di intrighi, di ansie; perché non abbiamo il coraggio di suscitarci spiritualmente perché l’abbandono all’Amore misericordioso di Dio può fare di tutto; non si preoccupa di regole e regolette.

Questo non vuol dire diventare anarchici, ma vuol dire anche un po’ abbandonarci a rischio di perdersi, per la follia della Croce, pensando a quello che ha fatto Gesù. Ha sfidato l’opinione degli Angeli, si è fatto uomo, perfino peccatore e non si è vergognato di apparire peccatore.

L’indignazione dei farisei che lo rimproveravano di andare a mangiare con i peccatori, con le prostitute, coi ladri, coi malfattori! Si! ci andava! E non gli importava nulla della stima del mondo, perché il mondo lo aveva condannato e odiato. «/o non prego per il mondo». Egli ha odiato il mondo; per questo il mondo uccide Cristo. Così anche noi abbiamo questo concetto di libertà, dolcezza, rispetto. Perché è Dio che ci salva, non noi; perché è la sua misericordia che ci redime, non i nostri meriti. Si, guadagniamo meriti; magli stessi meriti che noi guadagniamo è il Signore che fa si che noi possiamo meritare. Perciò abbiamo un rispetto profondo per coloro che non hanno fede, per quelli che commettono anche tutti i peccati; tanto noi in quelle condizioni avremmo fatto di peggio. Non perdoniamo quasi come una concessione, ma dimenticando i peccati degli altri non facciamo altro, davanti a Dio, che ricordare a Lui di dimenticare i nostri. L’amore, prima di tutto è «non odio». Se c’è l’odio non ci può essere amore; se c’è l’invidia non ci può essere amore. La gelosia è negazione dell’amore; il pettegolezzo è il disprezzo dell’amore. Prima di gridare «ti amo, ti amo» diciamo prima «io non odio, io non odio».

L’invidia, la gelosia, sono la peste dell’umanità, la disgrazia del cristianesimo, sono la crocifissione del Signore, il rinnegamento dell’Amore misericordioso.

 

Prof. Enrico Medi – Collevalenza, 10/04/1966


Il prof. Enrico Medi e sua moglie Enrica Zanini incontrano Madre Speranza